Lo Strangolatore di Boston su Disney+, Keira Knightley dà voce alle donne del giornalismo investigativo

Arriva Lo Strangolatore di Boston su Disney+, un thriller true crime che racconta una storia vera. Il regista Matt Ruskin ricostruisce il mistero intorno al fantomatico assassino, affidandosi alle due giornaliste che si occuparono del caso tra il 1962 e il 1964.

La pellicola fa fede alle indagini reali che portarono all’arresto di un unico colpevole (Albert DeSalvo, finora il solo). Tutt’ora il suddetto serial killer, che si è macchiato dell’omicidio di tredici donne, non ha ancora un nome definitivo. C’è quindi un alone di mistero intorno alla figura di DeSalvo, che lascia intendere come il crimine resti ancora oggi impunito: “Gli uomini uccidono le donne. Albert non è il primo e non sarà l’ultimo.”

Keira Knightley interpreta Loretta McLaughlin, reporter del quotidiano Record-American. Sposata con un figlio, la donna scrive rubriche di lifestyle, ma vorrebbe passare al settore della cronaca nera. Un bel problema per una giornalista come Loretta, costretta a confrontarsi con un sessismo dilagante dell’epoca che rilega le donne al solo compito di mogli e madri amorevoli. Da sola, Loretta raccoglie indizi su quello che potrebbe essere un serial killer che ha preso di mira solo individue di sesso femminili, senza un apparente motivo. Il suo mestiere e il suo maggior coinvolgimento nel caso finiscono per creare una spaccatura nella sua vita privata e andare contro le norme sociali del tempo.

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Carrie Coon è invece Jean Cole, giornalista ormai navigata del Record-American, a cui affidano anche casi più di rilievo: va sotto copertura per scrivere le sue inchieste e ha conoscenze nella polizia che le permettono di avvicinarsi meglio alle scene del crimine (che sono vietate alla stampa).

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Il duo unisce le forze sia per scoprire la verità sullo “strangolatore di Boston” sia per sfidare la società sessista dell’epoca. Le indagini proseguono mettendo a rischio le vite private delle due giornaliste.

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Lo Strangolatore di Boston su Disney+ è un thriller sofisticato che già dalla fotografia livida e opprimente vuole citare i polizieschi di David Fincher (specialmente Zodiac in certe inquadrature). La narrazione, però, dopo un inizio promettente, si sviluppa in modo statico; non ci sono particolari momenti di pathos, e manca la giusta tensione emotiva richiesta dalla storia.

Articolo completo su: https://www.optimagazine.com/2023/03/16/lo-strangolatore-di-boston-su-disney-keira-knightley-da-voce-alle-donne-del-giornalismo-investigativo/2518020

Corsage – Il Corsetto dell’Imperatrice, Vicky Krieps in un triste e autodistruttivo ritratto di Sissi (recensione)

Da Cannes arriva anche alla Festa del Cinema di Roma Corsage – Il Corsetto dell’Imperatrice, che racconta un anno nella vita della Principessa Sissi, ovvero Elisabetta D’Austria.

La voce fuori campo della sua interprete, Vicky Krieps (premiata a Cannes), esprime le paure e le angosce di una donna che, giunta alla soglia dei 40 anni, si sente scolorita “come una nuvola”.

Nel dicembre 1877, Sissi festeggia il suo compleanno circondata dagli affetti più cari, ma è insoddisfatta della sua vita: ogni giorno compie dei movimenti meccanici, e non perde mai di vista il suo peso. Lotta per restare e apparire bella, come ne fosse ossessionata. Cerca costantemente qualcuno che l’apprezzi per ciò che è realmente; vuole essere guardata e sentirsi apprezzata, come fa il giovane cavallerizzo Bay Middleton (Colin Morgan), il quale inizialmente sembra darle ciò che suo marito, l’Imperatore Francesco Giuseppe D’Austria (Florian Teichtmeister) dà invece per scontato.

Ogni giorno Sissi fa uno sforzo incredibile per accettarsi, e sembra quasi sfogare la sua frustrazione in quel corsetto, che ogni giorno fa stringere sempre più stretto. Prigioniera di una mondanità di cui è stanca, così come si sente schiava di quell’indumento addosso, segno di bellezza perfetta.

Seppur elegante nella sua resa grafica, dettata da una narrazione lenta e inesorabile, Corsage – Il Corsetto dell’Imperatrice non aggiunge nulla di nuovo al genere del biopic. Niente di ciò che si è già visto in Spencer di Pablo Larrain: anche lì, Diana era ritratta come principessa triste e autodistruttiva, quasi al limite della pazzia. In Corsage, la regista Marie Kreutzer si limita ad attualizzarla, rendendola ribelle.

Articolo completo su: https://www.optimagazine.com/2022/10/23/corsage-il-corsetto-dellimperatrice-vicky-krieps-in-un-triste-e-autodistruttivo-ritratto-di-sissi-recensione/2443804

Amsterdam, il caotico film di David O. Russell: quando un cast stellare non basta (recensione)

Un cast stellare, una cospirazione da sventare e qualche risata: Amsterdam, il nuovo film di David O. Russell presentato alla Festa del Cinema di Roma, aveva tutti gli elementi per poter essere uno dei suoi progetti migliori.

Eppure non riesce nel suo intento. Affidandosi a fatti in parte realmente accaduti, il regista de Il Lato Positivo costruisce un complicato intrigo internazionale con un continuo ribaltamento della realtà. Il problema è che finisce col tessere una ragnatela di eventi fin troppo caotica, tanto da non riuscire più a seguire il filo della narrazione.

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Le torbide atmosfere anni ’30 sono portate in scena benissimo, ma il ritmo caotico e la narrazione complessa non aiutano lo spettatore a districarsi nella fitta rete di sottotrame che a fatica si intersecano tra loro.

Il cast stellare non basta, a cominciare dai tre protagonisti. Margot Robbie risulta la più convincente, dato che il suo personaggio funge da collante e ha un ruolo più portante. I dialoghi forse sono la parte peggiore perché a volte sfiorano il grottesco. Le battute esagerate spesso stonano; l’unica che si trova a suo agio nella parte è Anya Taylor-Joy, in un ruolo frivolo che però dona leggerezza alla storia.

Articolo completo su:https://www.optimagazine.com/2022/10/22/amsterdam-il-caotico-film-di-david-o-russell-quando-un-cast-stellare-non-basta-recensione/2443452

Il film The Menu: non solo thriller-comedy culinario, ma anche una sottile e deliziosa critica sociale (recensione)

Il film The Menu è un’esperienza culinaria esclusiva. Così veniamo introdotti per la prima volta alla nuova pellicola di Mark Mylod, regista e produttore del team della serie Succession, presentato al Toronto Film Festival e poi alla Festa del Cinema di Roma.

Il film The Menu è una comedy (le battute graffianti, il tratto di Adam McKay, qui produttore, si sente), ma anche un thriller (la serata dallo chef stellato si rivela piena di sorprese scioccanti) ambientato nel mondo della cucina. In realtà il cibo, curato nei minimi termini dal famoso, severo e perfezionista chef Slowik (Ralph Fiennes spaventosamente agghiacciante), è solo un pretesto per raccontare una società classista, che col passar del tempo è diventata avida di denaro, e desiderosa di attingere sempre più a prodotti inaccessibili, finendo con lo sfruttare chi lavora per loro.

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“Il nostro menu è troppo prezioso” per non essere assaporato. Quindi Slowik invita a “non mangiare, ma degustare”. Man mano che il film prosegue, ci si rende conto che il cibo si trasforma in un mezzo per spogliare l’alta classe sociale di ogni privilegio.

Con il film The Menu, il regista cuoce a fuoco lento una sottile e deliziosa critica alla società, mettendola faccia a faccia con i suoi errori e con le sue conseguenze. Una condanna che trova la sua morale solo nell’ultima portata.

Articolo completo su: https://www.optimagazine.com/2022/10/21/il-film-the-menu-non-solo-thriller-comedy-culinario-ma-anche-una-sottile-e-deliziosa-critica-sociale-recensione/2443320

Serie tv Django, il malinconico omaggio al western di Corbucci in chiave moderna: recensione primi due episodi

Prima della serie tv Django, Quentin Tarantino aveva dedicato un suo personale omaggio al western cult di Sergio Corbucci, che nel 1966 ha ridefinito un genere. Nella produzione originale Sky, l’iconico personaggio è un uomo partito in cerca di vendetta, che troverà qualcosa di più grande per cui lottare.

La serie tv Django è stata presentata in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma, durante la quale sono stati mostrati i primi due episodi, diretti da Francesca Comencini (come anche i successivi due). La storia è un libero adattamento del cult movie di Corbucci, da cui riprende i toni desolati del selvaggio western, la violenza brutale e la profondità dei personaggi, ciascuno con una sua morale.

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Il genere viene rivisitato e allargato: si affronta il razzismo, e c’è ampio spazio alle donne. Anzi, potremo dire che i due personaggi più importanti dopo Django sono proprio loro: Sarah, la figlia sopravvissuta del protagonista, e la perfida Lady Elizabeth Thurmann. Siamo di fronte a un adattamento che abbraccia temi profondi e contemporanei, dando al protagonista un tono malinconico da antieroe. Django, cupo e vendicativo, giunge in città con uno scopo ben preciso, che cambierà non appena ritroverà sua figlia.

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Articolo completo: https://www.optimagazine.com/2022/10/17/serie-tv-django-il-malinconico-omaggio-al-western-di-corbucci-in-chiave-moderna-recensione-primi-due-episodi/2439812

Il Principe di Roma, Marco Giallini nella goliardica rivisitazione del Canto di Natale di Dickens (recensione)

Non chiamatelo “Signor Bartolomeo”, ma neanche Marchese del Grillo: lui è Il Principe di Roma. La Festa del Cinema di Roma prosegue con il nuovo film di Edoardo Falcone, alla sua terza collaborazione con Marco Giallini (dopo Se Dio Vuole Io sono Babbo Natale).

La pellicola s’impone come un adattamento del celebre Canto di Natale di Charles Dickens in salsa romana. Ambientata nel 1829, la storia segue quella di Bartolomeo “Meo” (Giallini), un uomo ricco e avido come lo Zio Paperone disneyano, con la personalità narcisistica del Marchese di Alberto Sordi, che non si commuove davanti a nulla e brama il titolo nobiliare più di qualunque cosa: “A Roma puoi esse ricco quante te pare, ma se vuoi contare qualcosa devi esse ricco o diventare Papa.”

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Con divertimento e goliardia, Falcone rilegge il Canto di Natale facendo sì che Meo diventi lo Scrooge romano. Come nell’opera di Dickens, anche lui appaiono tre fantasmi: Beatrice Cenci (Denise Tantucci), fantasma del passato, che porta l’avido protagonista a riscoprire la sua infanzia e adolescenza, invitandolo a non dimenticare le sue origini . Un personaggio malinconico, che comunque riesce ad essere ironico; un diabolico e sarcastico Giordano Bruno (Filippo Timi), fantasma del presente, che appare a Meo per fargli osservare la sua vita sotto un’altra prospettiva; e infine c’è Papa Borgia (Giuseppe Battiston), un fantasma del futuro che si fa autocritica sempre con ironia, e mostra a Meo le conseguenze delle sue azioni negli anni avvenire.

Il Principe di Roma è una commedia in costume che sa essere esistenziale, grazie alla trasposizione dei temi universali dell’opera originale di Charles Dickens. Marco Giallini dimostra di sapersi adattare in questo nuovo ruolo, senza dimenticare lo stile burbero ma giocoso, tratti comuni dei suoi personaggi.

Articolo completo su: https://www.optimagazine.com/2022/10/16/il-principe-di-roma-marco-giallini-nella-goliardica-rivisitazione-del-canto-di-natale-di-dickens-recensione/2439364

What’s Love Got To Do With It?, Lily James tra amore e stereotipi culturali nella rom-com dal sapore bollywoodiano (recensione)

Lily James alla ricerca del vero amore in What’s Love Got To Do With It?. La commedia romantica di Shekhar Kapur (regista indiano che si è già fatto un nome a livello internazionale grazie ai due film sul regno di Elisabetta I con Cate Blanchett) esplora il mondo dei matrimoni combinati, raccontando la modernità del rito attraverso gli occhi di una giovane inglese.

Zoe (Lily James), giovane regista di documentari, si chiede perché il suo migliore amico Kaz (Shazad Latif) abbia scelto di affidarsi ai suoi genitori per scegliere una partner con cui sposarsi. Fa tutto parte della tradizione culturale e religiosa del suo paese d’origine, il Pakistan, a cui Kaz non intende rinunciare perché praticante musulmano. Zoe, al contrario, è idealista ma romantica, però finisce sempre per incappare in uomini sbagliati. E quando ha l’occasione per poter sbancare con il suo lavoro, la ragazza decide di seguire l’amico Kaz in questa folle esperienza romantica, riprendendo tutti i momenti salienti del suo percorso: dalla scelta della sposa, fino al matrimonio combinato con Maymouna (Sajal Aly), una ventenne bellissima, laureata e promettente, che lui non ha mai incontrato.

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Kapur confeziona un’elegante british rom-com, con un cast funzionale e una storia sì, prevedibile, ma in grado di raccontare tutte le facce degli stereotipi della cultura pakistana, senza risultare banale. Tra Lily James e Shazad Latif non c’è un attimo di imbarazzo, e riescono bene ad esprimere le emozioni di entrambi i loro personaggi. A brillare è però Emma Thompson nei panni dell’eccentrica madre di Zoe, che ruba la scena perfino ai diretti protagonisti.

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Articlo completo su: https://www.optimagazine.com/2022/10/16/whats-love-got-to-do-with-it-lily-james-tra-amore-e-stereotipi-culturali-nella-rom-com-dal-sapore-bollywoodiano-recensione/2439452

Jennifer Lawrence in Causeway torna alle origini in un dramma su misura per lei (recensione)

Jennifer Lawrence in Causeway torna a fare ciò in cui riesce meglio: calarsi anima e corpo in un ruolo drammatico. Dodici anni dopo il suo exploit con Un gelido Inverno, in cui allora ventenne riceveva la sua prima candidatura all’Oscar, la star di Don’t Look Up non poteva assicurarsi un film migliore per ricordare a Hollywood il suo talento cristallino.

Jennifer Lawrence in Causeway é un ex soldato di nome Lynsey, di ritorno dall’Afghanistan con danni fisici e psicologici. Un’esplosione ha colpito il suo automezzo mentre si trovava in missione, facendola saltare in aria; Lynsey ha riportato una lesione celebrale che la costringe a sottoporsi periodicamente a dei controlli.

Il ritorno a casa della giovane é fin da subito traumatico: la regista Lila Neugebauer, al suo debutto dietro la macchina da presa, sceglie di riprendere la prima scena di Lynsey di spalle, come fosse un burattino nelle mani di Sharon, un’infermiera che la aiuterà nelle prime fasi del recupero fisico.

Una volta tornata nella sua città natale, nella sua casa dove dovrebbe sentirsi al sicuro, la giovane si sente, invece, fin da subito in una prigione; complice una madre poco attenta, un fratello dietro le sbarre, Lynsey a fatica riesce a riprendere in mano la sua vita, finché trova un diversivo, un lavoro come addetta alle pulizie delle piscine residenziali. Un giorno conosce Aucoin, detto James (Brian Tyree Henry), un giovane di colore che come lei si porta ancora le cicatrici dei suoi traumi irrisolti sulla sua pelle.

Tra loro nasce un legame, un’amicizia che permette loro di andare avanti. Si confidano, si aiutano a vicenda, cercando di rispettare l’uno lo spazio personale dell’altro. Per Lynsey é difficile lasciarsi andare e affezionarsi a qualcuno; specialmente quando il suo desiderio più grande é quello di fuggire da una realtà che le é scomoda, per tornare invece, in missione.

Con Causeway, Lila Neugebauer costruisce un dramma su misura per Jennifer Lawrence, che ritrova la sua miglior forma, trascinando lo spettatore nella sofferenza del suo personaggio. Il film è anche una riflessione sui traumi riportati da tanti giovani che tornano a casa dopo aver vissuto sulla propria pelle la guerra.

Causeway è un film intenso, dal ritmo lento e inesorabile che racconta una storia americana. La pellicola ideale che potrebbe dare alla Lawrence la sua quinta candidatura all’Oscar.

Articolo originale su: https://www.optimagazine.com/2022/10/16/jennifer-lawrence-in-causeway-torna-alle-origini-in-un-dramma-su-misura-per-lei-recensione/2438584

Stranger Things 4 su Netflix diventa Nightmare in una stagione più matura e inquietante (recensione)

Si è fatta aspettare per ben tre anni, e alla fine possiamo dire che l’attesa è stata ripagata: Stranger Things 4 su Netflix torna con una stagione lunghissima (episodi da 65-75 minuti circa), che resetta tutto per ricominciare da capo.

Lasciati alle spalle il Demogorgone, il Sottosopra continua comunque a generare mostri. La novità è l’introduzione di new entry chiave allo sviluppo della storia (una, in particolare, che non possiamo svelare per non rovinare la sorpresa), le cui vite inizialmente sembrano non incontrarsi mai, fino al punto di svolta – perché arriva, ed è un gran colpo di scena.

C’è un nuovo villain, Vecna, una sorta di Freddy Krueger di Nightmare (ricordiamo che tra le new entry c’è proprio l’attore che lo interpretò nella sanguinaria saga cinematografica, Robert Englund).

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Stranger Things 4 su Netflix giustifica la durata degli episodi concentrando la stagione su ogni personaggio, che ha un suo ruolo all’interno della storia. Eleven percorre una strada in solitaria: è ancora al centro delle vicende, e questa stagione è molto personale per lei. L’idea di separare i protagonisti in diversi gruppi permette una narrazione su più livelli i quali, uniti tra loro, formano una storia completa. C’è ancora l’horror che ha caratterizzato le passate stagioni, così come l’umorismo e i buoni sentimenti.

Ovviamente si aggiunge l’indagine poliziesca, con gli omicidi di Vecna che assumono un tono macabro e inquietante, tanto da coinvolgere l’intera Hawkins. Forte è l’elemento del Satanic Panic, ovvero il fenomeno di isteria collettiva che ha caratterizzato gli Stati Uniti a metà degli anni Ottanta, in cui gli abusi sui minori venivano attribuiti alle sette sataniche.

Ed è una fortuna che Netflix abbia deciso di aggiungere anche il settimo episodio alla prima parte di stagione perché dopo il finale del sesto episodio sarebbe stato difficile attendere luglio per guardare i restanti.

Articolo completo su: https://www.optimagazine.com/2022/05/23/stranger-things-4-su-netflix-diventa-nightmare-in-una-stagione-piu-matura-e-inquietante-recensione/2361176

The Essex Serpent su Apple TV+, un sofisticato adattamento tv con Claire Danes e Tom Hiddleston in gran forma

Dal romanzo alla serie tv: il 13 maggio debutta The Essex Serpent su Apple TV+basato sull’omonimo libro di Sarah Perry. La storia attinge al racconto gotico intriso di mistero e soprannaturale, ed è quella di una giovane vedova che indaga sui presunti avvistamenti di una creatura mitologica.

Cora Seaborne (a cui presta il volto Claire Danes) è un’appassionata naturalista che sogna di essere la nuova Mary Anning. In apparenza entusiasta della vita, nel profondo è felice di essersi liberata di un matrimonio con un uomo violento che le aveva tarpato le ali. Fugge da Londra, accompagnata dal figlio dodicenne Francis (un ragazzino chiuso in sé) e l’amica Martha, per gettarsi alle spalle il suo passato.

Quando giunge nell’Essex, Cora si lascia coinvolgere fin troppo nelle vite dei suoi residenti; è un luogo ombroso dove non batte mai il sole, nonché territorio ideale in cui fede e scienza si dibattono costantemente. Le sue ricerche infatti si scontrano con le credenze del vicario William Ransome (Tom Hiddleston), uomo di chiesa che considera gli avvistamenti del serpente solo un mucchio di dicerie. Seppur di diverse opinioni, Cora e William stringono uno strano rapporto, che via via diventa sempre più intimo (sotto gli occhi della moglie di lui, la fragile Stella, interpretata da Clémence Poésy, ignara di quanto sta avvenendo tra loro due).

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Proprio come il romanzo su cui si basa, anche The Essex Serpent su Apple TV+ calca il confine tra fede e ragione, rappresentati rispettivamente dai personaggi di William e Cora. Vi è anche fortemente presente la contrapposizione tra folklore e storia, in un periodo (quello della Londra vittoriana), dominato da insicurezze e ignoranza.

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Le atmosfere di inquietudine rivivono sullo schermo attraverso uno stile sofisticato e attento ai dettagli, tipico del romanzo gotico: tensione, mistero, soprannaturale si mescolano in una storia molto diluita – del resto, in sei episodi non poteva essere altrimenti – che fa a meno di sottotrame e personaggi per concentrarsi sull’essenziale.

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Articolo completo su: https://www.optimagazine.com/2022/05/13/the-essex-serpent-su-apple-tv-un-sofisticato-adattamento-tv-con-claire-danes-e-tom-hiddleston-in-gran-forma/2353536

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